Fundraiser per l’emergenza. La sfida gentile

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Intervista a Isabella Lalli: “Umanità, disponibilità e competenza al servizio degli ospedali in emergenza COVID-19

 

Isabella Lalli, 23 anni, abruzzese, frequenta il corso di laurea magistrale in area and global studies for international cooperation ed è nel team Fundraising in una Fondazione torinese (qui il suo profilo LinkedIn). In questo momento di emergenza, ha deciso di mettersi in gioco ed essere utile. Per questo si è candidata per entrare a far parte del team di fundraiser, che da un mese sta mettendo a disposizione pro bono le proprie capacità e competenze a favore di tutti gli ospedali beneficiari delle raccolte fondi online, soprattutto quelle che girano sulla piattaforma GoFundMe.

Il team dei fundraiser ha deciso di agire suddividendosi gli ospedali individuati in base alla loro geo localizzazione, e a Isabella sono state assegnate strutture in provincia di Frosinone, Latina e Genova. Nell’arco di un mese, è riuscita a sentirle tutte e a segnalare quindi le raccolte fondi online che le riportavano come beneficiari.

Nella mia esperienza ho riscontrato una problematicità nell’interfaccia utente in termini di riferimenti telefonici o indirizzi e-mail, entrare in contatto con gli ospedali non è stato semplice e ancora di più lo è stato far capire perché li stessi contattando. Molti ospedali di provincia faticavano a capire cosa fosse un fundraiser… a tal punto che una signora al telefono ha chiesto a un collega ‘aò, cos’è er fundraiser?’, ma poi si è messa subito a disposizione!”, mi racconta Isabella con un tono sorridente.

Il lavoro del fundraiser, e l’affermazione dell’iniziativa all’interno dell’ospedale, diventano ancora più una sfida, perché a queste due criticità si aggiunge ovviamente il momento concitato dall’emergenza. Inoltre, attivare una campagna è complicato e richiede meccanismi e competenze specifici, gestirla e monitorarla invece richiedono tempo, energie e una serie di fattori e in questo momento un funzionario o un operatore all’interno di strutture sanitarie non riescono a starci, giustamente, dietro.

L’esperienza più bella di tutte è stata riuscire a trovare il contatto di un responsabile dei patrimoni e contabilità, beneficiario di varie raccolte, che ha risposto tempestivamente a una mia e-mail e mi ha chiamata per interessarsi di più all’iniziativa e per ringraziarmi per il supporto che gli avrei dato. Il signore mi ha confessato ‘I miei nipoti mi prendono in giro perché non sono pratico con le tecnologie, ma qua ho dovuto studiare tutto l’iter burocratico per mettermi come beneficiario ed è stato davvero complicato’. Così alla fine ci siamo scambiati i contatti e gli offrirò la consulenza per controllare tutte le campagne attivate a suo nome.”, ha aggiunto Isabella.

La sua esperienza è simile a quella dei suoi colleghi, un’esperienza di grande umanità e riconoscenza. Seppure il sistema sanitario italiano non sia avvezzo al fundraising e in pochi al suo interno ne conoscono le pratiche e i meccanismi, Isabella ha riportato un elevato senso di umanità e disponibilità. Non c’è stato alcun atteggiamento ostile, ma solo un senso comune di voler agire e adoperarsi in questa emergenza senza precedenti.

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